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Tutti i libri con mie poesie

Sul portale anobii (social dedicato ai libri e alla lettura che vi invito a visitare) sono inserite le informazioni riguardanti tutti i volumi editi che contengono mie poesie.

La lista è visibile a questo indirizzo: http://www.anobii.com/contributors/Davide_Valecchi/1797436.

Se qualcuno invece avesse voglia di dare un'occhiata alla mia libreria, eccola qui: http://www.anobii.com/mtdavevan/books.

Ho scritto anche un centinaio di recensioni, dalla fantascienza alla poesia, consultabili qui: http://www.anobii.com/anobiireload/mtdavevan/comments?public=0.



Siamo tutti un po' matti

E' appena uscito per Fara Editore, nella collana Nefesh, il volume Siamo tutti un po' matti, antologia del Premio Insanamente 2014, che comprende racconti e poesie degli autori premiati e dei finalisti, per la cura di Alessandro Ramberti.

Nella sezione poesia è incluso il mio poemetto I nomi coinvolti, una rielaborazione del progetto "Un endecasillabo al giorno".

Tutte le informazioni sul libro, sugli autori coinvolti e su come ordinarlo le trovate qui.

Riporto i pimi 14 versi del poemetto.


 I nomi coinvolti
(dicembre 2013 - maggio 2014)

Si apre una raccolta di elementi:
la sedimentazione non è certa.

Attraversando una soglia di fibre
resta sul fondo un tono innaturale.

Una stagione di polvere e luce
in piedi per un soffio, per un sibilo:
il bianco aumenta la ripetizione,
un punto dentro al mare di riverbero.

Tutto è stato diviso con un taglio:
un lavoro di impronte sulla pietra
riflesso da una scheggia di calcite.

Il giorno cade, il nome si spegne,
l'aria contiene un luogo di radici
senza generazione, come un vuoto.


I nomi coinvolti: un mio poemetto in uscita per Fara Editore

Nel dicembre del 2013 ho iniziato un progetto di scrittura poetica intitolato Un endecasillabo al giorno, proponendomi di scrivere un nuovo verso ogni giorno per un anno, condividendolo poi quotidianamente su twitter.

Il progetto si è fermato prima per varie ragioni che sarebbe lungo spiegare ma ha comunque prodotto un corpus di 169 versi che sono stati anche oggetto di un paio di letture dal vivo grazie agli eventi organizzati a Torino e Bologna dal Collettivo WSF. Anche il blog Poetarumsilva ha dedicato un posto a questo mio progetto allo scoccare del centesimo verso/giorno.

I versi di Un endecasillabo al giorno, rivisti, modificati, integrati con altri versi e dotati di una maggiore coesione sono andati poi a far parte di un poemetto che ha preso il titolo di I nomi coivolti e che, grazie alla Fara Editore di Alessandro Ramberti e alla lungimiranza dei giurati del concorso Insanamente 2014, è entrato a far parte della rosa dei finalisti guadagnandosi il diritto alla pubblicazione all'interno dell'antologia del concorso in uscita nei prossimi giorni.

I nomi coivolti rappresenta, nel mio percorso di scrittura, una ripresa delle tematiche e dello stile del mio libro del 2011 Magari in un'ora del pomeriggio con l'intenzione di creare una base di appoggio per una ulteriore evoluzione che spero potrà essere oggetto del mio prossimo libro, in cantiere ormai da un paio di anni, che dovrebbe intitolarsi La casa non finita.


Poesia: una questione di fede

         Ripubblico qui un articolo già apparso in Versante Ripido, con alcune mie riflessioni sulla scrittura poetica.


         Nel febbraio del 2013, su invito dell’editore e amico Alessandro Ramberti sono stato chiamato a partecipare a un convegno avente come tematica il rapporto che intercorre tra fede e scrittura[1].
         Vi ho subito intravisto la possibilità di parlare e in qualche modo fissare in un discorso una mia vecchia e radicata convinzione in materia di scrittura poetica e cioè quella per cui chi scrive poesia abbia bisogno di una fede che sostenga l’atto dello scrivere.
         La fede a cui mi riferisco non ha niente a che vedere con la sfera religiosa ma è piuttosto una fedeltà ad una modalità del dire il mondo (con tutte le infinite implicazioni che questo sottindende) che si manifesta e vuole uscire fuori in risposta a un’esigenza innegabile di indagine e comunicazione con piani diversi dell’esperienza.
         Questa modalità del dire il mondo è ovviamente la poesia stessa.
         A che cosa si è fedeli dunque quando si scrive? Tenterò di dare una risposta partendo dal mio personale percorso conoscitivo.
         Per ragioni biografiche, culturali e probabilmente anche geografiche, più o meno in età adolescenziale, ho iniziato a sentire l’esigenza di un sistema che potesse fissare e descrivere un’esperienza della realtà (che ancora non comprendevo appieno) diversa. Un sistema che mi mettesse in comunicazione con un “tutto” legato alle mie esperienze passate e future, reali, immaginarie, desiderate, sognate.  Un sistema capace di genere testimonianza in forma di visioni esatte.
         Avvertivo la presenza di una zona di non detto a cui il pensiero poteva arrivare senza però riuscire a tradurla in parole. Una zona riempita di percezioni sensoriali e mentali, una sorta di realtà aumentata in continuo movimento, in attesa di un varco, di un espediente per poter essere colta e finalmente detta.
         Tutto questo, l’avevo capito subito, non poteva incanalarsi verso un tipo di scrittura narrativa o diaristica[2]: avevo bisogno di qualcosa di non lineare, diverso, potente, profondo. E breve.
         E alla fine – o all’inizio, sarebbe il caso di dire – il varco per accedere a questo sotto-(iper-)mondo, si è presentato.
         Ho iniziato a scrivere poesia intorno ai 19 anni, “folgorato” dall’incontro con il libro[3] di un poeta sconosciuto scovato alla Feltrinelli di Firenze oltre venti anni fa. Mi piace pensare a questo libro come a una chiave d’ingresso: per la natura fortuita dell’incontro e perché, nonostante avessi molte volte già avuto a che fare con la poesia per ragioni scolastiche, nessun autore canonico era stato capace di smuovere alcunché. O, molto più semplicemente, ero io a non essere ancora in grado di vedere.
         Dentro a quel libro comparivano, in mezzo a composizioni non eccelse, certe immagini folgoranti e certe intuizioni che chiamavano in causa, descrivendolo, dicendolo,  proprio quel magma di interconnessioni e significati di cui intuivo la presenza e a cui stavo cercando di accedere da anni.
         Quel libro mi ha mostrato un modo per entrare in comunicazione con un altro mondo: mi ha offerto un linguaggio e il punto di ingresso per iniziare a comprenderlo.
         Il primo passo è stato quindi quello di andare a cercare la poesia. O, se vogliamo, di tornarvi, per guardarla con occhi diversi. E cercarla significa leggerla ma anche conoscerne la storia, le origini, le correnti, le forme e gli sviluppi.  E mi preme aggiungere a questo riguardo che gli aspetti tecnici della poesia (metro, figure retoriche e tutto quanto il resto) non sono optional ma elementi che è indispensabile conoscere per poi lavorare alla costruzione dei propri “strumenti del mestiere”.
         Solo in questa maniera è stato possibile iniziare a definire quella serie di punti fermi capaci di compiere il miracolo di dare forma a un’intuizione che fino ad allora era rimasta relegata in un limbo pre-verbale.
     E’ necessario costruire, in una parola, il proprio linguaggio; per farlo sono richiesti un rigore e un’attenzione estremi: nel testo poetico la parola è davvero indifesa ed ogni elemento di cui è composto deve trovare la propria giustificazione. Non esiste il caso, l’improvvisazione.
         Tutto questo non era così chiaro all’inizio ma con l’andare del tempo ho iniziato a maturare un sistema di convinzioni che mi sostengono ancora, stabilendo di non considerare mai concluso il lavoro di indagine, di non accontentarmi degli strumenti acquisiti ma di cercare sempre di affinarli ed espanderli passando attraverso prove, ripensamenti, rifacimenti, errori. Per me scrivere poesia, oggi più che mai, è lavorare in sottrazione, cercando di portare alla luce dettagli liberati da sedimenti inutili.
         E’ in questo frangente che si manifesta l’identità della scrittura poetica come atto di fede: solo rimanendo fedeli all’indagine e alla mai conclusa costruzione del proprio linguaggio poetico è possibile cogliere nella natura delle cose il passaggio di una visione, quell’impercettibile scarto energetico capace di trasformare entità inerti in presenze vive e portatrici di senso.
         E in fondo questa non è altro che una dichiarazione di poetica: della mia poetica. Qualcosa in cui, inevitabilmente, continuo ad avere fede.



Ce ne vorrebbe di tempo
per tirare fuori i nomi
dal mucchio di oggetti da macero
cresciuto dietro la casa non finita.

Anche il periodo dell’anno
finisce per contare
con l’ora del giorno
la lunghezza delle ombre
i piani di esistenza
e i tappini di latta
dei succhi di frutta
ritrovati nell’erba.

Ma è il nome del riflesso
che cambia di continuo
e sotto tutto il resto
a ruota.

(da: Chi scrive ha fede?,  Fara Editore, Rimini, 2013)



L’ultimo nostro coincidere
riposa fuori dalle traiettorie,
tra i nomi rimasti a sbiancare
sul cemento infiltrato dalle acque,
purificato per tutta l’estate
da un sole senza tregua.

L’avamposto sul ciglio del burrone
è il primo muro di un’idea mai nata:
accoglie i segni di cosmologie
accennate, coperti
di fioriture semplici
e piccolissime esistenze.

Da qui si può osservare
- ed essere osservati da lontano
come puntini neri in controluce -
il fondo della valle
dove scorrono i convogli
insieme a tutto il resto.

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)



Il sapore del conforto ha la forma
di riflessi difficili da cogliere
su scaglie di materia refrattaria
confuse con la ghiaia di fiume
lungo strade che quotidianamente
percorrevi.

Giorni disseminati
sono rimasti appesi alla natura
delle cose, visibili soltanto
per istanti, nel silenzio, seguendo
gli angoli di incidenza della luce.

(da Magari in un’ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011)



Una certa dolorosa chiarezza
del campo visivo restituisce
immagini inopportune all'ambito
delle parole, mentre ti allontani
lasciandomi in pegno frasi complesse
che mi dovrò far bastare per anni.

L’aspetto pomeridiano delle mura
che sostengono i campi in pochi giorni
decanta verso zone consuete:
l’avanzare dei licheni prosegue
inavvertito, cocci di terraglia
affiorano in zolle di terra smossa,
steli d’erba tagliente si confanno
alla spinta del vento.

(da Magari in un’ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011)

[1] Il convegno si è tenuto a Rapallo nei giorni tra l’8 e il 10 febbraio 2013 e aveva come titolo Chi scrive ha fede?, dove la fede era sì quella religiosa, ma poteva essere intesa anche come un ideale, un approccio etico alla vita, una attenzione (in senso weiliano) fiduciosa al mondo e agli altri. Un volume dallo stesso titolo contenente gli interventi e le testimonianze dei partecipanti è in uscita per i tipi di Fara.

[2] Queste stesse considerazioni sono state poi di ispirazione per il mio progetto musicale aal (almost automatic landscapes) fondato sulla ricerca sonora in campo elettro-acustico, concreto, elettronico e ambient.

[3] Giacomo Bagni, Sguardo di sogno, Cultura Duemila Editrice, Ragusa, 1991.

Premio Microeditoria di qualità 2012



Chiari, 9 novembre 2012

Concorso Microeditoria di Qualità 2012

PREMIO e MARCHIO di QUALITÀ CATEGORIA POESIA

Magari in un'ora del pomeriggio
di Davide Valecchi
Fara Editore

Ecco uno stralcio della motivazione:
Raccolta di componimenti in cui l’ispirazione poetica incontra la prosa, scelta forse debole per il genere, ma comunque vincente per lo sviluppo arioso e vivace dei testi.
Un continuum di apparizioni, speranze, emozioni ci appaiono nella ricerca vana del luogo dell’anima, l’aldilà intercettato a fatica.
I segreto pulsare delle cose, il respiro che alita sul possesso della realtà vissuta e persa, non provocano passioni struggenti, ma un ascolto sensibile di ciò che, “magari in un’ora del pomeriggio “, potrebbe tornare a parlaci.
Allora, il Poeta diventa spettatore di se stesso, lasciando che ignoti sentieri guidino lo spossato e impossibile rivivere.
Il commento è una sintesi delle valutazioni effettuate dai lettori della Rete Bibliotecaria Bresciana e dalla Giuria del Premio di Qualità nell’ambito della X Rassegna di Microeditoria Italiana, 9-11 novembre 2012, Chiari (Bs)

scheda del libro su anobii

scheda del libro sul sito dell'editore qui 


È uscito Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche



[all'interno del volume una mia silloge di 8 poesie]


Potete ordinare i nostri libri a info@faraeditore.it o allo0541.22596 fax 0541-709327. Alleghiamo bollettino di c/c postale con lo sconto del 10%(più 3 euro spese per l'Italia).

a cura di Alessandro Ramberti € 20,00 pp. 420 (Neumi)
ISBN 978 88 97441 02 1
copertina di Luna Castroni

Questo volume nasce dalla kermesse che si è svolta a Fonte Avellana dal 28 aprile al 1° maggio 2012, ospiti della comunità camaldolese e in primis del priore Gianni Giacomelli. Scrivere per il futuro in questi tempi di repentino cambiamento delle stesse modalità di lettura è certo una sfida per tutti coloro che desiderano condividere e lasciare una qualche traccia del loro pensiero, del loro vissuto. Le nuvole informatiche in cui depositiamo i nostri archivi e applicazioni
sono una estensione potenzialmente ubiqua della nostra memoria. I contributi – seminali, a tratti sorprendenti, spesso provocanti o spiazzanti, senz’altro interessati a creare ponti arditi fra discipline diverse, a confrontarsi con attenzione e verità con le domande che sorgono da una fase particolarmente critica della temperie sociale e culturale che stiamo vivendo – appartengono a:

Alessandro Ramberti • Alessandro Rivali
Alessio Casalicchio • Alex Celli
Andrea Ponso • Caterina Camporesi
Claudio Fraticelli • Daniela Terrile
Dante Zamperini • Davide Valecchi
Elvis Spadoni • Franca Oberti
Francesco Randazzo • Gianni Criveller
Gianni Giacomelli • Giorgia Bascucci
Giuseppe Carracchia • Guido Passini
Laura Borghesi • Laura Corraducci
Leonardo Caffo • Luca Artioli
Matteo Bianchi • Natascia Ancarani
Paolo Calabrò • Roberta Leone
Roberto Battestini • Serse Cardellini

Perdono consistenza lentamente

da Magari in un'ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011

Perdono consistenza lentamente
scivolando sulla china del tempo
nella farragine delle parole
certi luoghi che avrei voluto offrirti
solo per una qualità di luce
che investiva il disegno delle ombre
sui tronchi dei castagni esposti al sole.

Un’idea di comunione segreta
costruita intorno a una tua presenza
possibile in un fragile sistema
di coincidenze si fa nebulosa
e svanisce. Con la dovuta calma.

I laconici giorni

da Magari in un'ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011

L'intera litania dei desideri
si esaurisce in un lampo di fosforo
poco prima dell'arrivo del buio,
alla fine di un giorno che non entra
nel novero dei giorni luminosi.

Un misero numero di parole
è sufficiente a scrivere una formula
per questo tempo di belle macerie.

A questa stagione di luce nuova

da Magari in un'ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011

A questa stagione di luce nuova
che si appunta su ogni superficie
e tardi nel pomeriggio mi offre
luoghi accesi di conforto visivo
sfugge l'accesso al cuore delle cose,
manca la convalida del tuo sguardo.