Isidore: Life Somewhere Else

Ci sono artisti che attraversano il tempo fedeli alla propria ispirazione, senza mai tradirla in nome di altro che non sia il rispetto della propria creatività, assecondando un'urgenza che sembra non conoscere pause e che si rinnova continuamente. Steve Kilbey è uno di questi artisti. Autore di migliaia di canzoni, poeta, scrittore, musicista di una classe e di una grazia non ordinaria, ormai prossimo ai 60 anni, ha ancora un fuoco dentro che sembra bruciare più di prima. E così capita che uno dei tanti progetti a lato della sua band principale (The Church), ovvero quegli Isidore di cui dopo l’esordio del 2004 sembravano essersi perse le tracce, produca un capolavoro assoluto. Per chi, come me, conosce quasi ogni incarnazione della storia musicale di Kilbey, “Life Somewhere Else” (Communicating Vessels, 2012, disponibile in cd e vinile) rappresenta una miracolosa summa di tutti quegli elementi che mi hanno fatto amare questo artista. E buona parte del merito va sicuramente all’altra metà degli Isidore ovvero quel Jeffrey Cain (degli americani Remy Zero) che sembra essere stato capace di condurre e incanalare l’ispirazione di Kilbey verso l’eccellenza, tagliando fuori il superfluo o quelle risacche di auto-indulgenza che non sempre il nostro in passato è stato capace di evitare, soprattutto nei lavori solisti. Se volessimo tentare un’analisi dei contenuti musicali potremmo dire che gli elementi che lo compongono hanno origine nella migliore new wave, nella migliore psichedelica, nel miglior indie-rock cui si aggiunge una leggera tinta elettronica. Ma tutto, mi preme sottolineare a scanso di equivoci, suona completamente contemporaneo. Paradossalmente “Life Somewhere Else” potrebbe essere considerato il disco perfetto dei Church, il disco mancante, ovvero il disco che la band, nonostante decine di lavori prossimi alla perfezione, non è mai stata in grado di produrre. Qui ogni dettaglio ha ricevuto una cura estrema. Tutto è eleganza, equilibrio, potenza evocativa, bellezza, emozione. Questo disco fa mancare il fiato. 



Cambiamenti

Dopo anni di post (sporadici, ne convengo) dedicati esclusivamente alla mia poesia questo blog cambierà. Accanto alla mia poesia ci sarà spazio per la poesia di altri, per la musica, per riflessioni su tematiche culturali e per tutto ciò che ancora deve trovare la propria strada.

Non ho più intenzione di seguirti

But I will not follow you to the sealine
(Steve Kilbey)

Non ho più intenzione di seguirti,
ora,
anche se non sei altro che la voce
di un primo sole bianco e remoto.

I percorsi attraverso le stagioni
non sono mai stati chiari o brevi
ma nel rumore di fondo
dove ti ho avvertito sempre
si apre un vuoto che non conoscevo.


[anche qui: http://fiabesca.blogspot.it/2012/06/sulle-orme-di-hansel-e-gretel-prima.html. Questa poesia è stata inclusa nel volume Di là dal bosco (Le Voci della Luna, Sasso Marconi, 2012). Maggiori informazioni qui: http://davidevalecchi.blogspot.it/2012/12/di-la-dal-bosco-il-libro-delle-fiabe.html]

Riporsi per la notte ha un altro peso


Riporsi per la notte ha un altro peso
dopo i giorni del bosco
se i nomi passati sotto silenzio
diventano parole conosciute.

Ricevuti i nostri passi i sentieri
saranno in vista come argine
al dissolversi dei luoghi
dove restare definiti.

Uno sguardo che comprendeva dune di galestro


(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

Uno sguardo che comprendeva dune di galestro
e un orizzonte di asfalto in preda all'erosione
- oltre a minuscoli detriti di carta di giornale
rimasti alla base degli steli,
mai volati via -
fu l’innesco e non la cura,
dentro un pomeriggio quasi finito,
mai finito.

La disintegrazione continua ad avvenire senza soste
al livello più basso delle cose,
dove in fondo alla trama dei suoni
quasi inavvertito e fisso
un frammento di rumore bianco
non aumenta e non diminuisce:
rimane.

Aprile

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

E’ sufficiente questa luce a credere scritto
qualcosa che non è mai accaduto:
per il modo in cui tutto appare agli occhi
mentre tenerli aperti è difficile
se anche il vento sottolinea distanze
non incolmabili e volano nell’aria,
come al solito,
oggetti così leggeri
da non posarsi mai a terra.

Luogo di parole è anche il salire verso l'alto
dei campi non più coltivati,
dove tonalità di verde e giallo vibrano non predette,
in comunione con qualcosa che mi sfugge solo in parte
e per il resto porta il tuo nome.

Forse non regge l’argine di corpi

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

Forse non regge l’argine di corpi
celesti che con cura ho predisposto
per riempire gli spazi tra le nostre
immagini, se aprendo gli occhi vedo
file di alberi, strade, pareti
e neanche l’idea di una presenza
extrasolare attraversa il cielo.

Il luogo che ti accoglie si raggiunge
seguendo superfici conosciute
e basta qualche parola terrestre
per stabilire una direzione certa.

Il tuo respiro non si trova altrove:
è vicino, è lontano, è come il mio.

Verrà la neve

Verrà la neve, facile il presagio,
e il cambiamento attraverso il tuo sguardo.

La permanenza del riflesso è breve
per registrare un mio passaggio dentro
alle diverse configurazioni
d’aria e piccoli oggetti che rimangono
sospesi. Non vedermi è naturale.

Ma anche dopo l’inverno, più in basso,
sulla pietra serena certi segni
non si distingueranno
e passerai accanto alle mie mani
senza saperlo.

Certo, al mare

L’erosione del vento
affligge le parole
alla stessa maniera della roccia.

Conversazioni vecchie di trent’anni,
diffuse come polline nei campi,
resteranno nei giorni che ho davanti.

Se non come ricordi, è difficile,
almeno sollevandosi ogni tanto,
confuse con la polvere.

Fino a quando la pioggia
non le riporti a terra,
non le consegni ai fossi, poi ai fiumi
e dopo secoli, certo, al mare.

L’ultimo nostro coincidere forse

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

L’ultimo nostro coincidere
riposa fuori dalle traiettorie,
tra i nomi rimasti a sbiancare
sul cemento infiltrato dalle acque,
purificato per tutta l’estate
da un sole senza tregua.

L’avamposto sul ciglio del burrone
è il primo muro di un’idea mai nata:
accoglie i segni di cosmologie
accennate, coperti
di fioriture semplici
e piccolissime esistenze.

Da qui si può osservare
- ed essere osservati da lontano
come puntini neri in controluce -
il fondo della valle
dove scorrono i convogli
insieme a tutto il resto.

In questa immagine sei dentro agli anni

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

In questa immagine sei dentro agli anni
che non ricordi, dove si intravede
il tono della sera
poco prima delle ombre.

Per un giorno intero avevo ascoltato
interruzioni al tessuto sonoro
dei luoghi e delle voci,
mentre perdevano il fuoco i contorni
degli oggetti sul fondo delle stanze
e la trama del cielo oltre i vetri.

Soltanto adesso riconosco il battito
di ciglia dove stavi interamente
e senza che io sapessi eri già oltre,
proprio quando avrei dovuto fermare
ogni cosa,
disinnescare gli errori dell’aria,
trovare gli attimi da cancellare
per risanare il tuo tempo.

di a da in con su per tra fra sopra sotto VOCE

Questa poesia è stata scritta per la lettura poetica "di a da in con su per tra fra sopra sotto VOCE" che ha avuto luogo il 25 Giugno 2011 presso la Barbagianna (Pontassieve, Firenze), in occasione dell'apertura al pubblico dell'ARCHIVIO DELLA VOCE DEI POETI. Ai poeti intervenuti era stato chiesto di scrivere un testo, in poesia o in prosa, che contenesse una o tutte le parole "di a da in con su per tra fra sopra sotto voce" e che facesse riferimento al tema della voce. Maggiori dettagli nei link:
Archivio della Voce dei Poeti
Multimedia 91


Un’epoca di docili frammenti
simili a parole dimenticate
da stagioni di luce lontanissima
si deposita in fondo a ogni pensiero
nato con il ricordo del tuo volto
su frequenze appena percepibili.
Per intendere la tua voce persa
tra i grandi respiri di tempo
posso forse immaginarla fra cose
naturali: sopra le foglie nuove,
sotto l’ombra dei boschi abbandonati.

Settembre

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

«Oggi è tornato qualcuno» mi dice
il vento, come l’aria ancora calda
tra noi e le colline o certe ombre
luminose sugli intonaci esausti
al chiudersi del giorno.

Non c’è più niente in bianco e nero, qui,
ma pochi dei colori
non sono uguali a prima.

«Non ci saranno voci, passi o sguardi:
solo un breve sussulto
alla sostanza delle cose,
quasi impossibile da decifrare
nella ripetizione dei movimenti.»