Riporsi per la notte ha un altro peso


Riporsi per la notte ha un altro peso
dopo i giorni del bosco
se i nomi passati sotto silenzio
diventano parole conosciute.

Ricevuti i nostri passi i sentieri
saranno in vista come argine
al dissolversi dei luoghi
dove restare definiti.

Uno sguardo che comprendeva dune di galestro


(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

Uno sguardo che comprendeva dune di galestro
e un orizzonte di asfalto in preda all'erosione
- oltre a minuscoli detriti di carta di giornale
rimasti alla base degli steli,
mai volati via -
fu l’innesco e non la cura,
dentro un pomeriggio quasi finito,
mai finito.

La disintegrazione continua ad avvenire senza soste
al livello più basso delle cose,
dove in fondo alla trama dei suoni
quasi inavvertito e fisso
un frammento di rumore bianco
non aumenta e non diminuisce:
rimane.

Aprile

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

E’ sufficiente questa luce a credere scritto
qualcosa che non è mai accaduto:
per il modo in cui tutto appare agli occhi
mentre tenerli aperti è difficile
se anche il vento sottolinea distanze
non incolmabili e volano nell’aria,
come al solito,
oggetti così leggeri
da non posarsi mai a terra.

Luogo di parole è anche il salire verso l'alto
dei campi non più coltivati,
dove tonalità di verde e giallo vibrano non predette,
in comunione con qualcosa che mi sfugge solo in parte
e per il resto porta il tuo nome.

Forse non regge l’argine di corpi

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

Forse non regge l’argine di corpi
celesti che con cura ho predisposto
per riempire gli spazi tra le nostre
immagini, se aprendo gli occhi vedo
file di alberi, strade, pareti
e neanche l’idea di una presenza
extrasolare attraversa il cielo.

Il luogo che ti accoglie si raggiunge
seguendo superfici conosciute
e basta qualche parola terrestre
per stabilire una direzione certa.

Il tuo respiro non si trova altrove:
è vicino, è lontano, è come il mio.

Verrà la neve

Verrà la neve, facile il presagio,
e il cambiamento attraverso il tuo sguardo.

La permanenza del riflesso è breve
per registrare un mio passaggio dentro
alle diverse configurazioni
d’aria e piccoli oggetti che rimangono
sospesi. Non vedermi è naturale.

Ma anche dopo l’inverno, più in basso,
sulla pietra serena certi segni
non si distingueranno
e passerai accanto alle mie mani
senza saperlo.

Certo, al mare

L’erosione del vento
affligge le parole
alla stessa maniera della roccia.

Conversazioni vecchie di trent’anni,
diffuse come polline nei campi,
resteranno nei giorni che ho davanti.

Se non come ricordi, è difficile,
almeno sollevandosi ogni tanto,
confuse con la polvere.

Fino a quando la pioggia
non le riporti a terra,
non le consegni ai fossi, poi ai fiumi
e dopo secoli, certo, al mare.

L’ultimo nostro coincidere forse

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)

L’ultimo nostro coincidere
riposa fuori dalle traiettorie,
tra i nomi rimasti a sbiancare
sul cemento infiltrato dalle acque,
purificato per tutta l’estate
da un sole senza tregua.

L’avamposto sul ciglio del burrone
è il primo muro di un’idea mai nata:
accoglie i segni di cosmologie
accennate, coperti
di fioriture semplici
e piccolissime esistenze.

Da qui si può osservare
- ed essere osservati da lontano
come puntini neri in controluce -
il fondo della valle
dove scorrono i convogli
insieme a tutto il resto.