Poesia: una questione di fede

         Ripubblico qui un articolo già apparso in Versante Ripido, con alcune mie riflessioni sulla scrittura poetica.


         Nel febbraio del 2013, su invito dell’editore e amico Alessandro Ramberti sono stato chiamato a partecipare a un convegno avente come tematica il rapporto che intercorre tra fede e scrittura[1].
         Vi ho subito intravisto la possibilità di parlare e in qualche modo fissare in un discorso una mia vecchia e radicata convinzione in materia di scrittura poetica e cioè quella per cui chi scrive poesia abbia bisogno di una fede che sostenga l’atto dello scrivere.
         La fede a cui mi riferisco non ha niente a che vedere con la sfera religiosa ma è piuttosto una fedeltà ad una modalità del dire il mondo (con tutte le infinite implicazioni che questo sottindende) che si manifesta e vuole uscire fuori in risposta a un’esigenza innegabile di indagine e comunicazione con piani diversi dell’esperienza.
         Questa modalità del dire il mondo è ovviamente la poesia stessa.
         A che cosa si è fedeli dunque quando si scrive? Tenterò di dare una risposta partendo dal mio personale percorso conoscitivo.
         Per ragioni biografiche, culturali e probabilmente anche geografiche, più o meno in età adolescenziale, ho iniziato a sentire l’esigenza di un sistema che potesse fissare e descrivere un’esperienza della realtà (che ancora non comprendevo appieno) diversa. Un sistema che mi mettesse in comunicazione con un “tutto” legato alle mie esperienze passate e future, reali, immaginarie, desiderate, sognate.  Un sistema capace di genere testimonianza in forma di visioni esatte.
         Avvertivo la presenza di una zona di non detto a cui il pensiero poteva arrivare senza però riuscire a tradurla in parole. Una zona riempita di percezioni sensoriali e mentali, una sorta di realtà aumentata in continuo movimento, in attesa di un varco, di un espediente per poter essere colta e finalmente detta.
         Tutto questo, l’avevo capito subito, non poteva incanalarsi verso un tipo di scrittura narrativa o diaristica[2]: avevo bisogno di qualcosa di non lineare, diverso, potente, profondo. E breve.
         E alla fine – o all’inizio, sarebbe il caso di dire – il varco per accedere a questo sotto-(iper-)mondo, si è presentato.
         Ho iniziato a scrivere poesia intorno ai 19 anni, “folgorato” dall’incontro con il libro[3] di un poeta sconosciuto scovato alla Feltrinelli di Firenze oltre venti anni fa. Mi piace pensare a questo libro come a una chiave d’ingresso: per la natura fortuita dell’incontro e perché, nonostante avessi molte volte già avuto a che fare con la poesia per ragioni scolastiche, nessun autore canonico era stato capace di smuovere alcunché. O, molto più semplicemente, ero io a non essere ancora in grado di vedere.
         Dentro a quel libro comparivano, in mezzo a composizioni non eccelse, certe immagini folgoranti e certe intuizioni che chiamavano in causa, descrivendolo, dicendolo,  proprio quel magma di interconnessioni e significati di cui intuivo la presenza e a cui stavo cercando di accedere da anni.
         Quel libro mi ha mostrato un modo per entrare in comunicazione con un altro mondo: mi ha offerto un linguaggio e il punto di ingresso per iniziare a comprenderlo.
         Il primo passo è stato quindi quello di andare a cercare la poesia. O, se vogliamo, di tornarvi, per guardarla con occhi diversi. E cercarla significa leggerla ma anche conoscerne la storia, le origini, le correnti, le forme e gli sviluppi.  E mi preme aggiungere a questo riguardo che gli aspetti tecnici della poesia (metro, figure retoriche e tutto quanto il resto) non sono optional ma elementi che è indispensabile conoscere per poi lavorare alla costruzione dei propri “strumenti del mestiere”.
         Solo in questa maniera è stato possibile iniziare a definire quella serie di punti fermi capaci di compiere il miracolo di dare forma a un’intuizione che fino ad allora era rimasta relegata in un limbo pre-verbale.
     E’ necessario costruire, in una parola, il proprio linguaggio; per farlo sono richiesti un rigore e un’attenzione estremi: nel testo poetico la parola è davvero indifesa ed ogni elemento di cui è composto deve trovare la propria giustificazione. Non esiste il caso, l’improvvisazione.
         Tutto questo non era così chiaro all’inizio ma con l’andare del tempo ho iniziato a maturare un sistema di convinzioni che mi sostengono ancora, stabilendo di non considerare mai concluso il lavoro di indagine, di non accontentarmi degli strumenti acquisiti ma di cercare sempre di affinarli ed espanderli passando attraverso prove, ripensamenti, rifacimenti, errori. Per me scrivere poesia, oggi più che mai, è lavorare in sottrazione, cercando di portare alla luce dettagli liberati da sedimenti inutili.
         E’ in questo frangente che si manifesta l’identità della scrittura poetica come atto di fede: solo rimanendo fedeli all’indagine e alla mai conclusa costruzione del proprio linguaggio poetico è possibile cogliere nella natura delle cose il passaggio di una visione, quell’impercettibile scarto energetico capace di trasformare entità inerti in presenze vive e portatrici di senso.
         E in fondo questa non è altro che una dichiarazione di poetica: della mia poetica. Qualcosa in cui, inevitabilmente, continuo ad avere fede.



Ce ne vorrebbe di tempo
per tirare fuori i nomi
dal mucchio di oggetti da macero
cresciuto dietro la casa non finita.

Anche il periodo dell’anno
finisce per contare
con l’ora del giorno
la lunghezza delle ombre
i piani di esistenza
e i tappini di latta
dei succhi di frutta
ritrovati nell’erba.

Ma è il nome del riflesso
che cambia di continuo
e sotto tutto il resto
a ruota.

(da: Chi scrive ha fede?,  Fara Editore, Rimini, 2013)



L’ultimo nostro coincidere
riposa fuori dalle traiettorie,
tra i nomi rimasti a sbiancare
sul cemento infiltrato dalle acque,
purificato per tutta l’estate
da un sole senza tregua.

L’avamposto sul ciglio del burrone
è il primo muro di un’idea mai nata:
accoglie i segni di cosmologie
accennate, coperti
di fioriture semplici
e piccolissime esistenze.

Da qui si può osservare
- ed essere osservati da lontano
come puntini neri in controluce -
il fondo della valle
dove scorrono i convogli
insieme a tutto il resto.

(da: Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche, Fara Editore, Rimini, 2012)



Il sapore del conforto ha la forma
di riflessi difficili da cogliere
su scaglie di materia refrattaria
confuse con la ghiaia di fiume
lungo strade che quotidianamente
percorrevi.

Giorni disseminati
sono rimasti appesi alla natura
delle cose, visibili soltanto
per istanti, nel silenzio, seguendo
gli angoli di incidenza della luce.

(da Magari in un’ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011)



Una certa dolorosa chiarezza
del campo visivo restituisce
immagini inopportune all'ambito
delle parole, mentre ti allontani
lasciandomi in pegno frasi complesse
che mi dovrò far bastare per anni.

L’aspetto pomeridiano delle mura
che sostengono i campi in pochi giorni
decanta verso zone consuete:
l’avanzare dei licheni prosegue
inavvertito, cocci di terraglia
affiorano in zolle di terra smossa,
steli d’erba tagliente si confanno
alla spinta del vento.

(da Magari in un’ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011)

[1] Il convegno si è tenuto a Rapallo nei giorni tra l’8 e il 10 febbraio 2013 e aveva come titolo Chi scrive ha fede?, dove la fede era sì quella religiosa, ma poteva essere intesa anche come un ideale, un approccio etico alla vita, una attenzione (in senso weiliano) fiduciosa al mondo e agli altri. Un volume dallo stesso titolo contenente gli interventi e le testimonianze dei partecipanti è in uscita per i tipi di Fara.

[2] Queste stesse considerazioni sono state poi di ispirazione per il mio progetto musicale aal (almost automatic landscapes) fondato sulla ricerca sonora in campo elettro-acustico, concreto, elettronico e ambient.

[3] Giacomo Bagni, Sguardo di sogno, Cultura Duemila Editrice, Ragusa, 1991.

Vorrei fondare un culto dei frammenti

Vorrei fondare un culto dei frammenti
per portare allo scoperto
i nomi coinvolti
in ogni minima esistenza.

ControVERSI

ControVERSI
10 luglio 2013

reading/sonorizzazione

Lettura dei testi prodotti in un anno di lavoro all'interno del laboratorio di scrittura di Elisa Biagini: testi animati da fili conduttori diversi ma tutti in qualche modo legati alle arti visive.

con:
Beatrice Ciabini
Simona Cerri Spinelli
Hilde March
Valerio Orlandini
Davide Valecchi

Alla lettura si affiancherà una sonorizzazione esclusiva a opera di due progetti di musica ambient / elettronica attivi da anni nel panorama della sperimentazione italiana e internazionale, entrambi dediti a una ricerca sonora tra il detto e non detto, a cavallo tra sintetizzatori e field recordings, tra musica e poesia: Aal e Symbiosis.

[ AAL http://aalmusic.bandcamp.com/ ]
[ SYMBIOSIS http://symbiosis.altervista.org/ ]

Prato - Lizard Park
(via Albertesca, zona Jolo)
ore 20:00
ingresso gratuito




Video Diva | aal | live

6 luglio 2013
ore 22:01


VIDEO DIVA
in concerto

in apertura
aal

@ festa democratica
area Impianti Sportivi (via Fabbroni)
Dicomano (FI)
ingresso gratuito

http://www.videodiva.it/
http://aalmusic.bandcamp.com/



VIDEO DIVA
Nati a Dicomano (Firenze) nel 1999, i Video Diva affondano le proprie radici nelle sonorità wave italiane e anglosassoni del decennio '80. Da questa solida base il gruppo ha iniziato il proprio percorso evolutivo verso una forma di espressione musicale e poetica in costante divenire. Nuvistasi (2012) è il loro ultimo album in studio.

aal
Con lo pseudonimo di aal (almost automatic landscapes), a partire dal 2001, Davide Valecchi ha firmato una serie di lavori solisti e in collaborazione dedicati alla ricerca sonora in campo elettro-acustico, concreto, elettronico e ambient. Dal 2011 i temi della ricerca del progetto aal sono stati spesso destinati alla sonorizzazione dal vivo di eventi performativi legati alla poesia.

MEHR SCHALL FEST

FACTORY CLUB presenta

MEHR SCHALL FEST

elettronica - sperimentazione - psichedelia

con

Valerio Orlandini
https://www.facebook.com/ValerioOrlandini.official?fref=ts

Downward Design Research
https://www.facebook.com/ddr.search

Artcore Machine 
https://www.facebook.com/artcoremachine?fref=ts

dopo: djset  Naresh | Jack

FACTORY CLUB
VIA DELLE CANTINE 27 CALENZANO (FI)
INGRESSO RISERVATO SOLO SOCI A.C.S.I.


POETICA 2013

Domenica 23 giugno 2013
Casa di Benvenuto Cellini
Vicchio di Mugello (FI)
Corso del Popolo, 56
ore 17.30

POETICA 2013:
 CONFABULAZIONI POETICHE CON:
MARILENA RENDA | MARIAGIORGIA ULBAR | MARCO SIMONELLI


All'interno del festival Etnica, nella suggestiva cornice della casa di Benvenuto Cellini, tre giovani ma importanti voci della poesia italiana contemporanea si alterneranno in una serie di letture e riflessioni sui loro ultimi lavori.

MARILENA RENDA
(Erice, 1976) vive a Milano, dove insegna, scrive e traduce. Ha pubblicato in rivista e in volume diversi saggi su Bassani, Primo Levi, Annamaria Ortese, Jolanda Insana e Amelia Rosselli. Collabora a doppiozero e Alfabeta2. Nel 2010 ha pubblicato la monografia Bassani, Giorgio. Un ebreo italiano (Gaffi) e nel 2012 il poema Ruggine (dot.com press).

MARCO SIMONELLI
Poeta, traduttore e performer. È nato nel 1979 a Firenze, dove vive. Ha esordito col racconto in versi Memorie di un casamento ferroviere del ’66. Del 2004 è il poemetto drammatico Sesto Sebastian – Trittico per scampata peste riscrittura omoerotica del martirio di San Sebastiano: dal testo è stata tratta una performance vocale. Nel 2007 è uscito Palinsesti – Canzoniere Catodico. Nel 2009 vince il premio Russo – Mazzacurati con Will – 24 sonetti. Per Massimo e Pierce di Black Sun Productions ha scritto i testi di Hotel Oriente, poema per voce ed elettronica. Nel 2011 è uscito L’estate sta finendo e nel 2012 Firenze Mare è apparso in Poesia Contemporanea. Undicesimo Quaderno Italiano (Marcos y Marcos, 2012).

MARIAGIORGIA ULBAR
E' nata a Teramo nel 1981 è vi è vissuta fino ai 18 anni. In seguito si è trasferita a Bologna. Ha studiato germanistica e anglistica e si occupa di didattica delle lingue e traduzione. Ha pubblicato testi su riviste letterarie e le raccolte Arance di mezzanotte (ElitEdizioni, 1999), I fiori dolci e le foglie velenose (Maremmi, 2012) e Su pietre tagliate e smosse all’interno dell’Undicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2012). Ha pubblicato in edizioni tipografiche limitate il poemetto illustrato Osnabrück e le prime sei cartoline del progetto Poste.

introducono: Jacopo Ninni e Davide Valecchi
organizzazione e coordinamento: Zeudi Giovannini